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Fate questo in memoria di me
 
Giovedì 11 ottobre 2018
 
Lc 22,1-20
Si avvicinava la festa degli Azzimi, chiamata Pasqua, 2e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano in che modo toglierlo di mezzo, ma temevano il popolo. 3Allora Satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era uno dei Dodici. 4Ed egli andò a trattare con i capi dei sacerdoti e i capi delle guardie sul modo di consegnarlo a loro. 5Essi si rallegrarono e concordarono di dargli del denaro. 6Egli fu d’accordo e cercava l’occasione propizia per consegnarlo a loro, di nascosto dalla folla.
7Venne il giorno degli Azzimi, nel quale si doveva immolare la Pasqua. 8Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: «Andate a preparare per noi, perché possiamo mangiare la Pasqua». 9Gli chiesero: «Dove vuoi che prepariamo?». 10Ed egli rispose loro: «Appena entrati in città, vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d’acqua; seguitelo nella casa in cui entrerà. 11Direte al padrone di casa: “Il Maestro ti dice: Dov’è la stanza in cui posso mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. 12Egli vi mostrerà al piano superiore una sala, grande e arredata; lì preparate». 13Essi andarono e trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
14Quando venne l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, 15e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, 16perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». 17E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo passare tra voi, 18perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio». 19Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». 20E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».
«Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola. 22Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell’uomo dal quale egli viene tradito!». 23Allora essi cominciarono a domandarsi l’un l’altro chi di loro avrebbe fatto questo. 24E nacque tra loro anche una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande. 25Egli disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. 26Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. 27Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve. 28Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove 29e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me, 30perché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno. E siederete in trono a giudicare le dodici tribù d’Israele. 31Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; 32ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli». 33E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte». 34Gli rispose: «Pietro, io ti dico: oggi il gallo non canterà prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi». 35Poi disse loro: «Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». Risposero: «Nulla». 36Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. 37Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra gli empi. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento». 38Ed essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli disse: «Basta!». (Lc 22,21-38)
 
1. Lettura
 1.1. La sequenza delle parti è chiara: volontà da parte del sommi sacerdoti e degli scribi di uccidere Gesù che si incontra con la disponibilità di Giuda (vv. 1-6); preparazione della cena pasquale su disposizione di Gesù (vv. 7-13); la cena con i gesti e le parole di Gesù (vv. 14-20); annuncio del tradimento e discussioni dei discepoli (vv. 21-38). Si nota una certa simmetria delle parti perché alla congiura dei sommi sacerdoti con Giuda corrisponde l’annuncio del tradimento e la manifesta fragilità dei discepoli che si manifesta nella ricerca di chi è più importante. Al centro la cena di Gesù con il dono.
 1.2. La cena di Gesù con gli apostoli ha due sfondi: il primo è la Pasqua, il secondo è la volontà di uccidere Gesù che trova la disponibilità di Giuda.
 1.2.1. La Pasqua era la festa più importante nella quale si faceva memoria delle grandi opere compiute dal Signore, Dio di Israele, per liberare il suo popolo. Esse manifestavano la misericordia di Dio verso il suo popolo come ricordava il Sal 136: «Colpì l’Egitto nei suoi primogeniti, perché il suo amore è per sempre. Da quella terra fece uscire Israele, perché il suo amore è per sempre. Con mano potente e braccio teso, perché il suo amore è per sempre» (Sal 136,10-12). All’interno di questa festa Gesù compie i suoi gesti di dono che perciò vengono rivestiti dello stesso significato della Pasqua: «il suo amore è per sempre». Nasce qui la Pasqua cristiana.
 1.2.2. Allo sfondo divino corrisponde lo sfondo umano della congiura in cui si incontrano la volontà dei sommi sacerdoti e degli scribi di togliere di mezzo Gesù e l’offerta di Giuda sollecitata dalla tentazione satanica. In realtà, leggendo meglio, dietro lo sfondo umano vi è l’azione di Satana come appare non solo dalle parole iniziali («Allora Satana entrò in Giuda») ma anche da quanto dice Gesù a Simone: «Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano». Come nelle tentazioni del deserto (vedi Lc 4,1-13), sono davanti Gesù e Satana; è il momento in cui «arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino» (Lc 11,22).
 1.3. La volontà di dono di Gesù appare dal fatto che sia lui a prendere l’iniziativa per la preparazione della cena. C’è qui un atto simile a quello compiuto per l’ingresso in Gerusalemme quando egli invia due discepoli a prendere l’asino su cui egli sale per il suo ingresso in Gerusalemme: anche qui egli intende manifestarsi nella sua identità di messia che entra nella sua città per prenderne possesso e dalla quale successivamente è rifiutato.
 1.4. Le parole di Gesù sono diverse-
 1.4.1. Il desiderio. Perché Gesù ha desiderato intensamente di mangiare la Pasqua con i discepoli prima della passione? Arriva in questo modo a compimento la tensione di dono che ha caratterizzato tutta la sua vita: tutta la vita di Gesù è dono nella parola che rivela il regno di Dio, nei gesti di accoglienza e di guarigione. Tutto si compie nel dono di se stesso che ora è annunciato e che si manifesterà pienamente con la croce.
 1.4.2. La prospettiva della morte. La prospettiva imminente della morte è espressa dalle parole di Gesù in cui dichiara la sua «astinenza»: «non mangerò più … non berrò più». Tutto ormai si proietta nel futuro: lo sguardo di Gesù è al «regno di Dio» che viene. La Pasqua e gli atti che sta compiendo sono nella storia ma si proiettano oltre di essa nella dimensione finale del regno di Dio. 
 1.4.3. Il comando della convivialità. Nell’attesa di tutto questo ai discepoli Gesù dà due comandi legati l’uno all’altro: il primo è la convivialità («bevete»), il secondo è la memoria della sua morte da celebrare nella ripetizione di suoi gesti («fate questo in memoria di me»). Unendo i due comandi appare chiaro il cammino dei discepoli: trovarsi insieme per mangiare e bere nella memoria di Gesù e del dono che ha fatto di se stesso.
 1.4.4. Il rendimento di grazie. L’orientamento verso i discepoli non è l’unico ma vi è quello che precede dell’orientamento verso il Padre, espresso dal verbo rendere grazie ripetuto tre volte: la prima sul calice che distribuisce ai discepoli, la seconda sul pane e la terza, anche se non è detto esplicitamente, sul calice identificato con il sangue di Gesù, cioè l’offerta della sua morte. Il rendimento di grazie, detto anche benedizione in Marco, non è solo obbedienza ad una norma liturgica che prevede di rendere grazie a Dio per il dono ricevuto del pane e del vino, ma è il personale rendere grazie di Gesù al Padre per l’offerta della sua vita nella morte: è il verbo che esprime la personale relazione di Gesù con il Padre.
 1.5. Perché è importante che i discepoli celebrino la memoria di Gesù? Non è solo un ricordare nel senso di fare memoria di qualcosa che appartiene al passato ma rendere presente Gesù ed il significato della sua morte. Paolo rivela il senso della memoria eucaristica quando afferma: «Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga» (1Cor 11,26). La memoria eucaristica proviene dal passato, entra nel presente per volgersi verso il futuro: la venuta del regno di Dio oppure, nelle parole di Paolo, «finché egli venga».
 
2. Riflessione
«Fate questo in memoria di me» rimane l’atto centrale della nostra vita cristiana. Dobbiamo chiederci: cosa significa «fare memoria»?
 2.1. Una prima risposta è quella rituale rappresentata dall’atto eucaristico, ovvero la Messa. Dai tempi di Paolo, come testimoniato da 1Cor 11,17-34, essa è il centro della vita della Chiesa. Il fare memoria si esprime in questo caso nella convivialità e nella comunione fraterna che si genera di conseguenza. È un atto che presenta diversi rischi già mostrati dal vangelo di Luca: i discepoli non capiscono il senso dei gesti e delle parole di Gesù o perlomeno non incidono nella loro mentalità visto che subito dopo discutono su chi sia il più importante tra di loro. Anche Paolo, sempre nel testo citato sopra, mostra i rischi della convivialità eucaristica che invece di essere luogo di comunione diviene luogo di divisione per cui esorta: «fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri» (1Cor 11,33). Questa è anche la nostra esperienza: celebriamo l’Eucarestia, la memoria del Signore, ma quanto la viviamo sia comunitariamente che personalmente? Non c’è il rischio che il rito si sovrapponga a ciò che vi è in noi e in mezzo a noi e non scalfisca la nostra realtà? Dice ancora Paolo: «Ciascuno esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice (1Cor 11,28).
 2.2. La «memoria» rituale ha bisogno di essere accompagnata dalla memoria della parola perché solo così essa ispiega tutta la sua potenzialità ed il suo significato. È infatti la parola a far comprendere il significato più recondito del mistero di Dio. Più volte Gesù nel vangelo di Marco riprende i discepoli perché non capiscono il senso delle sue parole: «Così neanche voi siete capaci di comprendere?» (Mc 7,18). E nel vangelo di Giovanni Gesù lega l’azione dello Spirito al «ricordare» le sue  parole e quindi a comprenderle in profondità: «il Paràclito, lo Spirito Santo che ilPadre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26). È ciò che facciamo in questi incontri cercando comprendere la parola di Gesù e quindi vivere più profondamente il mistero eucaristico.
 2.3. La Parola tuttavia richiede di aprirsi ad una dimensione ulteriore che è quella che potremmo chiamare «mistica». Essa infatti non è solo comprensione ma anche apertura al mistero di Dio che si è rivelato e continua a rivelarsi a noi attraverso la persona di Gesù. Questo richiede una preghiera profonda di adesione all’azione dello Spirito che guida nelle «profondità di Dio» (1Cor 2,10).
 
3. Preghiera
La preghiera richiede due cose: 1. è la coscienza di noi stessi nella nostra debolezza e fragilità, ben esemplificata dai discepoli che mostrano la loro incapacità a comprendere il senso delle parole e dell’offerta di Gesù; 2. fissare lo sguardo su Gesù, aiutati dalle sue parole e dal senso del suo donarsi.
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