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La mia carne per la vita del mondo
 
Giovedì 8 novembre 2018
 
La scelta di questo brano all’interno del discorso eucaristico permette di approfondire il significato del gesto di Gesù nell’ultima cena; in esso infatti appaiono chiaramente, innestata l’una nell’altra, le due azioni fondamentali: quella del Padre e quella di Gesù, il Figlio da lui inviato.
 
Gv 6,25-52
[Le folle] trovarono Gesù di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».26Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati.27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».28Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?».29Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».30Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai?31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo».32Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero.33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».34Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane».35Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!
36Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete.37Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori,38perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.39E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.40Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
41Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo».42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».43Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi.44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me.46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre.47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.48Io sono il pane della vita.49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti;50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?»
 
     1. Lettura
Nello sviluppo di Gv 6 il brano in lettura occupa la parte centrale perché compreso tra il racconto del segno dei pani e le parole con cui Gesù spiega le conseguenze del dono della sua carne. Lo sviluppo di questa parte ha al suo centro due rivelazioni di Gesù in progressione: la prima è quella del v. 35 («Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!»), la seconda è quella del vv. 51 («il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo»). Queste due rivelazioni, centrate sulla persona di Gesù e sul suo dono, aprono a loro volta ad uno sguardo più ampio sullìagire di Dio che si cela dietro il dono di Gesù.
 1.1. L’azione del Padre. Nelle parole di Gesù appare molto evidente l’azione del Padre come colui che dona il «pane» che è Gesù stesso ed a lui attira perché si abbia attraverso di lui la sua vita.
 1.1.1. Alla folla che lo sta cercando per avere ancora del pane Gesù rivolge l’invito di cercare il pane vero: «Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo» (v. 27). Su Gesù il Padre ha dunque posto il suo segno di riconoscimento ed è lui il pane che egli dona: «In verità, i verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero» (v. 32).
 1.1.2. Dopo aver affermato di essere lui il pane, Gesù continua rivelando quale sia la volontà del Padre: «questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno» (v. 39). Il Padre dunque dà nelle mani di Gesù ed egli dona la vita ed orienta verso la resurrezione nell’ultimo giorno.
 1.1.3. C’è ancora un’azione che il Padre compie, oltre che inviare il Figlio ed a lui affidare tutto, quella di attirare verso di lui: non si può andare a Gesù se il Padre non attira a lui. Attraverso le parole del profeta Isaia (54,13) Gesù rivela l’azione plasmante del Padre: «Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me» (v. 45). È la parola della Scrittura a dare testimonianza di Gesù e quindi a invitare ad andare a lui.
 1.2. L’azione di Gesù. Se l’azione del Padre è quella di «dare» Gesù, porre tutto nelle sue mani e a lui attirare perché si creda in lui, l’azione di Gesù si manifesta ancora come un dare: egli «dà» la sua carne per la vita del mondo e a chi va a lui e crede in lui ha la vita eterna. In questo modo il «dare» di Gesù realizza il «dare» del Padre.
 1.2.1. La prima rivelazione di Gesù è la conclusione di un confronto conla folla che ha ricevuto il dono dei pani il giorno prima ed è andata a cercarlo. La proposta di Gesù passa per due punti: la ricerca del vero pane («datevi da fare») ed il credere in lui, che il Padre ha mandato e su cui è «il sigillo di Dio». Il riferimento alla manna donata da Dio al popolo di Israele nel deserto è richiamata dalla folla come prova dell’autenticità dell’inviato. Gesù risponde che non Mosè ha dato il pane ma il vero pane è dato da Padre ora e caratteristica di questo pane è quello di dare «la vita al mondo». Da qui il passaggio all’affermazione «io sono il pane della vita». Che senso ha questa affermazione? Il fatto che Gesù indichi come modo di risposta i verbi venire e credere sta a significare che qui pane indica la persona di Gesù con la sua potenzialità rivelante che apre alla vita del Padre.
 1.2.2. Alla rivelazione segue una sorta di corollario (vv. 35-40) in cui Gesù afferma che il Padre gli ha dato ogni cosa perché egli doni la vita a chi in lui crede e lo conduca alla resurrezione finale. È questa la volontà del Padre che definisce l’agire di Gesù. Da qui l’affermazione seguente in risposta al mormorio dei giudei che nessuno va a Gesù se il Padre non lo attira. È questa un’azione che il Padre compie mediante la sua parola come Gesù afferma citando il profeta Isaia e poi aggiungendo: «Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me»
 1.2.3. Attraverso il dare la sua «carne» Gesù conduce alla vita il «mondo». La vita, oppure vita eterna, è lo scopo ultimo dell’azione del Padre e di quella di Gesù: è la vita di Dio a cui si è introdotti e l’unico che può introdurre è Gesù in quanto Figlio in cui è la vita.
 1.3. La risposta. Nel brano si sottolinea anche la necessità della risposta sin dall’inizio. Alla folla Gesù risponde chiaramente: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato» (v. 29). Alla rivelazione «Io sono il pane della vita» Gesù aggiunge: «chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!» (v. 35). Successivamente afferma: «Questa è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; eio lo risusciterò nell’ultimo giorno» (v. 40). E poi ancora: «In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna» (v. 47). Poi, a partire dal v. 50 i verbi venire e credere, che sino ad ora hanno caratterizzato il rapporto con Gesù, sono sostituiti dal verbo mangiare. In realtà la proposta di Gesù non trova l’accoglienza dei giudei che lo stanno ascoltando perché essi si scontrano con un «come» che non capiscono. Dopo la prima rivelazione di Gesù essi si domandano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre?
Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?» (v. 42). Dopo la seconda ancora si chiedono: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?» (v. 52).
 
      2. Riflessione
 2.1. Il Padre. Il vangelo di Giovanni sottolinea sin dall’inizio che Gesù, il Figlio, è il dono del Padre: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). È un dono dato con totalità perché Dio «non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi» (Rom 8,32). Consegue da questa affermazione la domanda di Paolo: «non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?» (Rom 8,32). Non c’è qualcosa che Dio abbia tenuto per sé ma, nel Figlio e nel dono seguente dello Spirito Santo, ha dato tutto.
 2.2. Gesù. La totalità del dono del Padre si manifesta storicamente in Gesù: è lui che, percorrendo la piena esperienza umana sino al suo compimento nella morte, manifesta il volto del Padre. In Giovanni il donarsi di Gesù diviene una sorta di icona quando Gesù si piega per lavare i piedi ai discepoli e prosegue sino alla morte in croce con le ultime parole, che indicano la totalità del darsi, «È compiuto!» (Gv 19,30). Ma ripetitivamente era stato anticipato nelle parole di Gesù, non solo quelle del brano in lettura («la mia carne per la vita nel mondo),ma anche quando si presenta come buon pastore che «dà la propria vita per le pecore» (Gv 10,11) specificando che questa è la volontà del Padre: «Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio» (Gv 10,17-18). In Paolo non è diversa la prospettiva. Basterebbe fermarsi sul grandioso inno dove Cristo Gesù «pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo» (Fil 2,6-7); oppure quanto dice ai corinzi per invitarli ad essere generosi nella colletta: «conoscete la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà » (2Cor 8,9); oppure ancora: «Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore» (Ef 5,2).
 2.3. Noi. È evidente come questo coinvolga noi. Nella misura in cui si accoglie la parola del Vangelo e si crede ad essa non ci si può sottrarre alla sua totalità. Nelle condizioni del discepolato Gesù è molto chiaro nel richiedere il rinnegamento di se stessi, l’odiare la propria anima, l’abbandonare ogni ricchezza per seguire lui. In Giovanni non solo il verbo credere è fondamentale perché esprime la piena risposta al Dio che si dona, ma esso è specificato da altri verbi, in particolar modo dal verbo amare che trova in Gesù l’esempio: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). In Paolo la prospettiva è la stessa: l’esemplarità di chiede di trovare corrispondenza nella vita di chi crede in lui. Il passaggio alla preghiera è aiutato dalla stessa riflessione perché pregare significa fissare lo sguardo della mente sul Padre che dona il Figlio e su Gesù che, donando se stesso, mostra nel suo proprio amore quello del Padre.
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