Un solo pane, un solo corpo
Giovedì 10 gennaio 2019
Nel nostro cammino di riflessione sull’Eucarestia, dopo aver in qualche modo approfondito il senso del gesto di Gesù è la sua collocazione nella «volontà» di Dio (Ebrei), è necessario capire il significato di questo dono della vita della Chiesa. È Paolo ad affrontare questa prospettiva nella prima lettera ai Corinzi: una comunità vivace ma anche con molti problemi: uno di questi è affrontato dal testo in lettura e riguarda proprio il «pane» ed il «calice» che richiedono totalità di partecipazione e escludono ogni possibile commistione con l’idolatria.
1Cor 10,1-22
Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, 2tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare,3tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, 4tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. 5Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto. 6Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono. 7Non diventate idolatri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: Il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò per divertirsi (Es 32,6). 8Non abbandoniamoci all’impurità, come si abbandonarono alcuni di loro e in un solo giorno ne caddero ventitremila. 9Non mettiamo alla prova il Signore, come lo misero alla prova alcuni di loro, e caddero vittime dei serpenti. 10Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore.
11Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. 12Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere. 13Nessuna tentazione, superiore alle forze umane, vi ha sorpresi; Dio infatti è degno di fede e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze ma, insieme con la tentazione, vi darà anche il modo di uscirne per poterla sostenere. 14Perciò, miei cari, state lontani dall’idolatria.
15Parlo come a persone intelligenti. Giudicate voi stessi quello che dico: 16il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? 17Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane. 18Guardate l’Israele secondo la carne: quelli che mangiano le vittime sacrificali non sono forse in comunione con l’altare? 19Che cosa dunque intendo dire? Che la carne sacrificata agli idoli vale qualcosa? O che un idolo vale qualcosa? 20No, ma dico che quei sacrifici sono offerti ai demòni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demòni; 21non potete bere il calice del Signore e il calice dei demòni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demòni. 22O vogliamo provocare la gelosia del Signore? Siamo forse più forti di lui?
1. Lettura
1.1. Il brano è inserito in un contesto più ampio nel quale Paolo affronta e cerca di risolvere un problema serio per l’unità della comunità: la possibilità o meno di mangiare le carni sacrificate agli idoli ma successivamente vendute al mercato. Per alcuni il problema non si poneva ma per altri, più deboli nella fede, il discorso era importante. Paolo detta il criterio di comportamento che è questo: puoi mangiare la carne se questo non è di scandalo al fratello debole nella fede. Ciò su cui invece è categorico è la proibizione di partecipare ai banchetti sacrificali pagani ed è questo l’oggetto del brano in lettura che, esemplificando dalla storia del popolo ebraico, mostra quale debba essere il vero atteggiamento.
1.2. Si inizia con il riferimento al dono di Dio al popolo ebraico nell’esperienza dell’esodo dall’Egitto (vv. 1-5): il passaggio del mar Rosso, il cammino nel deserto, il dono della manna e dell’acqua al popolo affamato ed assetato. Questi momenti narrati dal libro dell’Esodo sono però presentati da Paolo come esperienza della presenza di Dio: la nube, il «battesimo» nel mar Rosso, il cibo
spirituale e la bevanda spirituale che sgorga da una roccia che li seguiva e che è Cristo. L’esperienza dell’esodo fu perciò un’esperienza di Dio. C’è già qui un rimando all’esperienza cristiana dei corinzi con il battesimo e l’immersione in Cristo, il dono dell’Eucarestia (il cibo spirituale).
1.3. Il dono di Dio però non trovò un’adesione da parte del popolo di Israele e questo è il motivo per cui «la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto». Subito dopo ricorda alcuni episodi narrati da Esodo e Numeri: il vitello d’oro come primo atto di idolatria (Es 32); l’episodio di Baal Peor, narrato in Num 25, dove «il popolo cominciò a fornicare con
le figlie di Moab» (Num 25,1); il mettere alla prova il Signore come narrato in Numeri: «Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: “Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero”» (Num 21,5); la mormorazione contro Dio perché la terra promessa appare di difficile conquista: «Tutti
gli Israeliti mormorarono contro Mosè e contro Aronne e tutta la comunità disse loro: “Fossimo morti in terra d’Egitto o fossimo morti in questo deserto! E perché il Signore ci fa entrare in questa terra per cadere di spada? Le nostre
mogli e i nostri bambini saranno preda. Non sarebbe meglio per noi tornare in Egitto?» (Num 14,2-3).
1.4. Nel ricordare questi antichi fatti, Paolo intende proporre ai corinzi un esempio negativo: «Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi». Anch’essi infatti sono messi alla prova dalle situazioni in cui vivono per cui debbono stare molto attenti e confidare nell’aiuto di Dio che «non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze ma, insieme con la tentazione, vi darà anche il modo di uscirne per poterla sostenere». La conclusione di questa parte è rappresentata dal v. 14 dove Paolo invita a stare «lontani dall’idolatria»: con questo entra nel discorso che gli interessa.
1.5. L’alternativa che ora propone ai corinzi è molto chiara: da una parte c’è la loro esperienza «eucaristica», dall’altra c’è la partecipazione di alcuni di loro a banchetti sacrificali; le due cose sono in contraddizione e Paolo cerca di mostrarlo partendo dal senso del banchetto cultuale come vissuto dagli ebrei («l’Israele secondo la carne») nel tempio di Gerusalemme: «quelli che mangiano le vittime sacrificali sono in comunione con l’altare».
1.5.1. L’esperienza eucaristica. «Il calice della benedizione che noi benediciamo» rimanda al gesto di Gesù, che a sua volta si radica nella tradizione giudaica, cioè quello di ringraziare, benedire Dio per il dono del vino: «dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”» (1Cor 11,25). Anche il pane che la comunità «spezza», rimanda al gesto di Gesù che «dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi”» (1Cor 11,24). Questo fare memoria del dono di Gesù è fonte di «comunione» con il
Signore, e questa genera la comunione che unifica la comunità e ne fa un solo corpo: «Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo».
1.5.2. Anche i banchetti sacrificali agli dei però sono comunione non tanto con gli dei, che non esistono, ma con i demoni perché il culto degli dei è culto ai demoni in quanto allontana dal vero Dio. Quindi il mangiare la carne sacrificata agli idoli ma venduta al mercato non pone problema ma lo pone il mangiarla all’interno di un banchetto cultuale: è un modo per «provocare la gelosia del
Signore» comportandosi come si era comportato il popolo di Israele nel deserto.
2. Riflessione
2.1. La prima parte del brano è esemplificativa con l’esperienza del popolo di Israele nella liberazione dalla schiavitù d’Egitto, il passaggio del mar Rosso, il cammino nel deserto, segnato dai doni di Dio ma anche dalla incorreggibile ribellione di Israele. Sono esempi che Paolo richiama rapidamente per arrivare alla conclusione che gli interessa: essi ammoniscono a non cadere nello stesso tipo di infedeltà. Il motivo è molto semplice: anche noi siamo stati gratificati dai doni sacramentali della presenza del Signore ed essi chiedono di essere vissuti con fedeltà. Il battesimo come esperienza dell’immersione in Cristo ma, visto lo sviluppo successivo del discorso, soprattutto il cibo e la bevanda «spirituale» che è il calice di comunione ed il pane spezzato: essi generano la comunione con il Signore da vivere con grande coerenza.
2.2. Al centro del brano vi è il richiamo al «calice della benedizione» e al «pane che noi spezziamo» con un chiaro riferimento all’atto eucaristico della comunità di Corinto. Di esso si mettono in evidenza due aspetti di comunione: quello con Cristo e quello dei corinzi in quanto comunità. È evidente che la comunione con Cristo genera quella della comunità che, in virtù del pane
spezzato, diviene un solo corpo perché unico è il pane. Questo aspetto ci interpella molto perché mentre comprendiamo facilmente il rapporto di comunione con il Signore (la Messa non significa forse «fare la comunione»?) siamo meno pronti ad accogliere le conseguenze ecclesiali dell’atto e quindi a trarne stimolo per un modo di vivere. In altre parole il nostro modo di vivere l’Eucarestia è molto personale, meglio individuale, e poco comunitario.
2.3. La conseguenza che Paolo trae da questo fatto riguarda, come si è visto, i banchetti idolatrici: non si può partecipare contemporaneamente al banchetto del Signore e a quello degli idoli, cioè dei demoni. Egli mette perciò in evidenza la contraddizione nell’agire dei corinzi e li invita a saperne fare una lettura: «Parlo come a persone intelligenti. Giudicate voi stessi quello che dico». Come leggere questo per noi? Non vi sono banchetti idolatrici che mettano a rischio il senso della nostra partecipazione eucaristica; possono però essere presenti contraddizioni nel nostro modo di agire che si oppongano alla comunione con il Signore che è generata dall’Eucarestia. Quali? Per rispondere a questa domanda è necessario guardare alla nostra vita quotidiana per capire dove si pongano gli interessi maggiori, i nostri affetti, il nostro orientamento. Il Signore è «geloso»
della comunione con lui stabilita nell’Eucarestia e chiede che essa sia da noi vissuta con coerenza totale.
3. Preghiera
Il brano orienta alla preghiera partendo dai suoi due punti principale: la comunione con il Signore e ciò che allontana da essa. La preghiera esplicita questa comunione e diviene richiesta di perdono per la nostra incoerenza nel viverla.