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Mangiare la carne e bere il sangue

9 maggio 2019

Con questo brano, termina il cammino «eucaristico», iniziato con il racconto della cena di Gesù come narrato da Luca. Nelle parole di Gesù a Cafarnao è rivelata tutta la densità del dono di Gesù, un dono totale che trova nell’Eucarestia il suo segno umile e concreto. 

Gv 6,51-71

«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». 52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». 59Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao. 60Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».61Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? 62E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? 63È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono Spirito e sono vita.64Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito.65E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».66Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. 67Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?».68Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna 69e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». 70Gesù riprese: «Non sono forse io che ho scelto voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!».71Parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: costui infatti stava per tradirlo, ed era uno dei Dodici.

 

1. Lettura

1.1La mia carne per la vita del mondo. Il punto di partenza del brano è la parola con cui Gesù conclude la rivelazione sul pane. «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo» riprende in sintesi quanto detto antecedentemente dove Gesù si è identificato con il pane che il Padre dà a chi crede. Qui però la rivelazione progredisce perché al pane si sostituisce «la mia carne» in una frase di difficile comprensione per ascoltatori ebrei. Il pane che Gesù dona è «la mia carne per la vita del mondo»: non si fa fatica a comprendere dietro queste parole l’annuncio della morte perché «carne» indica la persona. Ma è evidente la conseguenza: se il pane si mangia ed il pane è la carne di Gesù allora bisogna «mangiare» la carne di Gesù. Questo spiega la reazione dei giudei, perché l’affermazione di Gesù è ambigua ed essi certamente pensano ad una sorta di «antropofagia».

1.2.Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue. Gesù non accoglie la provocazione insita nella domanda dei giudei ma va avanti nel mostrare cosa accade quando si mangia la sua carne e si beve il suo sangue. Anche nel caso della donna samaritana vi era stato un lento passaggio dall’acqua del pozzo a quella che Gesù intendeva darle ma la donna aveva continuato a non capire. I punti fondamentali della rivelazione sono i seguenti:

1.2.1. Vero cibo vera bevanda. L’aggettivo «vero» va preso nel suo significato più denso e contrapposto alla manna che era solo figura, segno del vero pane: «non è come quello che mangiarono i padri e morirono».

1.2.2. Mangiare e bere. Il mangiare e il bere, due verbi particolarmente concreti e in cui si manifesta il credere che Gesù aveva chiesto prima (v. 35: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!»), generano un’intensa relazione con Gesù espressa dal verbo rimanere al v. 56. Essa a sua volta dona la vita stessa di Gesù che è la vita del Padre. Senza l’atto del mangiare e del bere si rimane fuori della prospettiva di vita e di comunione con Gesù.

1.2.3. La vita eterna. Dalla relazione con Gesù nasce il dono della vita che proviene dal Padre, come è chiaramente detto al v. 57: il Padre è la sorgente della vita del Figlio, questi diviene sorgente di vita per chi vive in relazione con lui attraverso il mangiare. Il passaggio successivo è detto al v. 54: «ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno». La vita di Dio, la vita eterna è già presente in colui che crede ed attua il suo credere nel mangiare e bere: essa si manifesterà pienamente «nell’ultimo giorno».

1.3. Questa parola è dura. Non solo i giudei ma anche i discepoli reagiscono alla rivelazione di Gesù. La parola è «dura» e quindi non accettabile sia per il suo oggetto (il mangiare ed il bere), sia per la totalità di adesione che essa chiede. Gesù non è solo un maestro che insegna la via di Dio: egli chiede l’adesione piena alla sua persona, il «rimanere» in lui. Tutto quello che Gesù ha detto li «scandalizza», li lascia interdetti ed incapaci di accogliere la sua parola.

1.4.Il Figlio dell’uomo sale là dov’era prima e dona lo Spirito Santo. Segue una parola dalla non facile comprensione. I discepoli sono rimasti colpiti negativamente da quello che Gesù ha detto; egli ora li invita a guardare avanti alla sua morte e resurrezione («il Figlio dell’uomo salire là dove era prima») perché da qui sgorga il dono che permette di entrare nella visione nuova, cioè lo Spirito. È lui che dà la vita e fa comprendere ogni cosa, non le capacità dell’uomo («la carne»). È invito ad uscire da una prospettiva angusta ed inoltrarsi in una nuova.

1.5. Le parole che io vi ho detto sono Spirito e sono vita. La parola di Gesù è pervasa da questo Spirito ed è capace di condurre alla vita. Quindi non è come hanno detto i discepoli sulla «parola dura»: quando è accolta la parola di Gesù è in grado di portare alla pienezza della conoscenza perché in essa opera lo Spirito Santo.

1.6. Credere e non credere. La rivelazione si conclude con tra credere e non credere. Il credere è espresso da Simon Pietro nella professione di fede: «noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». Il non credere dall’atteggiamento dei discepoli che non riescono ad aderire alla sua parola perché «dura», in quanto letta dalla prospettiva puramente umana (la «carne»). L’accenno a Giuda è particolarmente significativo: scelto da Gesù ma a lui chiuso tanto da divenire «un diavolo». Il rifiuto della parola di Gesù chiude in se stessi e fa entrare in una spirale sempre più lontana da lui e perciò diabolica.

 

2. Riflessione

2.1. Mangiare e bere la carne ed il sangue cosa vuol dire? Il pensiero cattolico va subito all’Eucarestia: ma è questo il primo significato? Per rispondere alla domanda è necessario fermarsi sulla parola iniziale di Gesù: «il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Il significato dell’espressione «la mia carne per la vita del mondo» va letto alla luce del dono totale che Gesù ha fatto di se stesso sulla croce. Quindi mangiare e bere significa l’accoglienza totale di questo donarsi di Gesù in modo scandaloso. Un accostamento illuminante è con quanto succede nella cena con i discepoli quando Gesù lava loro i piedi e Pietro rifiuta di essere lavato dal maestro: «Signore, tu lavi i piedi a me?» (Gv 13,6). La risposta di Gesù è chiara: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo» (Gv 13,7). Altrettanto chiara la reazione di Pietro con la perentoria risposta di Gesù: «“Tu non mi laverai i piedi in eterno!”. Gli rispose Gesù: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”» (Gv 13,8). Pietro non accetta, almeno in prima istanza, il dono che Gesù fa di se stesso nel segno del lavare i piedi che rimanda alla morte: non può ancora capirlo perché è «carne»; solo alla pienezza della luce dello Spirito il dono diviene pienamente comprensibile. Altrettanto vale per il mangiare ed il bere la carne: è l’adesione totale al donarsi scandaloso di Dio in Gesù; nell’atto eucaristico questo diviene evidente nel gesto del mangiare e del bere ma da solo rischia di essere un atto superficiale ed abitudinario.

2.2.Rimanere in Gesù. La conseguenza del mangiare e bere è il rimanere in Gesù. Questo verbo, così denso e tipico degli scritti di Giovanni, ha bisogno di essere compreso. Esso indica l’instaurarsi di una relazione intensa che non riguarda solo Gesù ed il discepolo ma anche, ed in senso ben più profondo, il Padre ed il Figlio: «il Padre che rimane in me» (Gv 14,10). Questa relazione tra Padre e Figlio, e successivamente tra Gesù ed i discepoli, è espressa anche dalla preposizione «in»: «Io sono nel Padre ed il Padre è in me» (Gv 14,11); «In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi» (Gv 14,20). Modalità diverse per dire l’unica e piena relazione che dalle profondità di Dio entra nella realtà umana e la permea di sé. È una relazione pervasa da amore che implica certamente il dono di Dio in Gesù agli uomini ma, essendo una relazione di reciprocità, chiede anche il donarsi a Gesù ed in lui al Padre, perché l’amore è solo questo. Questa reciprocità nell’amore è espressa anche da un’altra parola che Gesù dice ai discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se custodirete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore» (Gv 15,9-10). La custodia della parola di Gesù è l’elemento che permette di rimanere in lui come appare dalla parabola della vigna: «Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto» (Gv 15,7). 2.3. Cos’è la vita? La conseguenza del mangiare ed il bere è la vita, la vita eterna. La vita eterna in questo caso non è la vita oltre la morte, contrapposta alla vita attuale che invece è temporanea, ma la vita di Dio che entra nella dimensione esistenziale del discepolo e la permea di sé. Essa va compresa come conseguenza della relazione tra Dio e noi, noi e Dio: la relazione nell’amore e nel dono totale di sé è la vita.

 

3. Verso la preghiera

Il passaggio dalla riflessione alla preghiera non è difficile perché là dove la riflessione diviene intensa essa cessa di essere tale e diviene apertura al mistero che si manifesta nel donarsi di Dio in Gesù.

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